Vulci
A Vulci la Maremma laziale si esprime al massimo della sua bellezza: pianure coltivate si distendono ininterrotte fino al Mar Tirreno.
Una delle città della Dodecapoli etrusca, Vulci cadde in mano ai Romani nel 280 a.C.
Oggi, all’interno del Parco Naturalistico Archeologico, si possono visitare i resti della città etrusco-romana: alcuni tratti di basolato romano, ruderi della Domus del Criptoportico, il Mitreo e pietre che rimangono a memoria di antiche porte urbiche e del porto fluviale.
Numerose necropoli etrusche sono state rinvenute nella regione.
Forse la tomba più famosa è la sepoltura della famiglia dei Saties detta Tomba Francois (IV sec. a.C.) dal nome dell’archeologo che la rinvenne intatta nel 1857. L’ipogeo, che è possibile visitare, è composto da sette camere funerarie.
Fu, però, spogliato delle sue importantissime pitture parietali (oggi custodite in Villa Albani a Roma e collezione privata della Famiglia Torlonia), testimoniate da una riproduzione multimediale a grandezza naturale nei locali della biglietteria – bookshop del Parco.
Non deve mancare una visita al Museo Nazionale Archeologico di Vulci ospitato nelle sale del Castello della Badia.
La costruzione, risalente al IX secolo e sorta come abbazia benedettina fortificata, acquisisce l’aspetto attuale nel XII secolo con l’arrivo dei monaci cistercensi. Nel XIII secolo divenne un importante centro di accoglienza di pellegrini e fu gestito per alcuni decenni in collaborazione con i cavalieri Templari.
Ė l’unica emergenza architettonica della campagna circostante e sorge imponente a controllo del vertiginoso omonimo Ponte (III sec. a. C.), detto anche del Diavolo perché si slancia per trenta metri sopra il corso del fiume Fiora.